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giovedì 27 dicembre 2012

Kaliningrad tornerà ad essere Königsberg? (2)

[Continua da qui] - Ecco il momento della presentazione ufficiale dell'istanza per il ripristino dell'antico nome di Königsberg alla città di Kaliningrad: i rappresentanti del comitato prima di entrare nella Duma e la copia della prima pagina della petizione, con il timbro del protocollo di arrivo del 25 dicembre 2012.

sabato 22 dicembre 2012

Kaliningrad tornerà ad essere Königsberg? (1)

Proprio nei prossimi giorni presso la Duma (Parlamento locale) di Kaliningrad sarà ratificata una petizione popolare che potrebbe portare presto ad un cambiamento del nome della città con l'unico porto russo sul Baltico che d'inverno riesce a restare sempre sgombro dai ghiacci. L'iniziativa era stata portata avanti grazie alla Legge Federale Russa N°152-FZ del 1997, che regola l'attribuzione della toponomastica secondo presupposti storici e geografici. Dunque, Kaliningrad tornerà ad essere Königsberg.
Di seguito: abitanti russi di Kaliningrad che sventolano bandiere storiche di Königsberg e della Prussia Orientale, nel corso di alcune manifestazioni nel 2012.
Fonte delle fotografie: http://kaliningrad-eu.blogspot.com

venerdì 10 agosto 2012

Tabula rasa

(EE) - Tühi leht
(LA) - Tabula rasa
Nella Roma antica era una tavoletta di cera cancellata in modo da poter essere usata per riscrivervi sopra. Nel senso comune, questa espressione allude all'azzeramento di una data situazione, per ripartire da capo. Ecco un esempio di "tabula rasa" avvenuto 67 anni fa a 700 chilometri da Tallinn, dopo che l'Armata Rossa entrò nella città tedesca di Königsberg (inglobata nell'Unione Sovietica e ribattezzata Kaliningrad un anno dopo).
L'isola fluviale di Kneiphof dal 1255 al 1945...
...e la stessa isola dopo il 1945.

domenica 3 giugno 2012

Crisi di identità

Un fenomeno che emerge con sempre maggiore energia, nella città russa di Kaliningrad, è la vocazione mitteleuropea dei suoi abitanti. Sebbene si tratti in maggioranza di Russi insediatisi dopo il 1945 al posto della precedente popolazione tedesca espulsa, infatti i Kaliningradesi sentono più la vicinanza con l'Unione Europea che con la Federazione Russa.
Nella mappa dell'Unione Europea la Regione di Kaliningrad è una vera e propria isola al suo interno. Il malcontento della popolazione, che reclama una maggiore autonomia dalla Federazione Russa (vedere per esempio qui), negli ultimi tempi si manifesta con una nuova tendenza: le targhe automobilistiche riportano in aggiunta libera la parola "Königsberg", ovvero il precedente nome tedesco della città.
La questione di Kaliningrad, che qualche politologo ha già iniziato a chiamare il quarto Stato Baltico (in aggiunta ad Estonia, Lettonia e Lituania, NDA), con il tempo potrebbe avere una evoluzione dalle conseguenze imprevedibili. Riusciranno i Kaliningradesi ad ottenere autonomia e libertà di movimento, oppure la Russia giocherà ogni carta per mantenere la supremazia su questo territorio, che oltre ad avere un'importanza strategica e politica contiene anche l'unico bacino portuale russo libero dai ghiacci tutto l'anno?

sabato 16 luglio 2011

Königsberg - Kaliningrad, il fattore "K"

Se plani sull’isola Kaliningrad arrivando in volo da Mosca, dopo aver superato il mare dell’Unione Europea, lei ti sbatte subito in faccia tutta la sua ambiguità. Niente dogane, sventola bandiera russa, ma più sorrisi ed efficienza. Una ragazza allunga un depliant con una foto in bianco e nero e un “benvenuti”: è l’antica Königsberg, morta sessant’anni fa per far posto alla città sovietica. Pubblicizza il nuovo hotel Kaiserhof, in russo e tedesco: «È per i turisti e i businessmen» dice la ragazza senza scomporsi. Bmw, Volvo, Sweden Bank, Kia, Nestlé, Ikea, Caterpillar, Gillette, Philip Morris, si legge sui minibus in attesa. È questa la Hong Kong del Baltico? L’enclave di Mosca in terra europea, ponte verso ovest e cavallo di Troia verso est per il business europeo? Luogo pirandelliano, dall’identità schizofrenica, questa città che il putinismo ha trasformato in una portaerei virtuale dentro la Ue e la Nato: è qui che il Cremlino minaccia di piazzare i missili come risposta all’eventuale scudo spaziale dell’Alleanza atlantica, anche se dopo le aperture dell’amministrazione Obama - che non sembra orientata a rispolverare politiche da guerra fredda - il “piano K” è in stand by, ma resta una contromisura pronta a scattare. Ecco perché siamo andati alla scoperta di un luogo di cui sentiremo molto parlare.
Di soprannomi Kaliningrad se n’è vista affibbiare tanti, quante le sue vite: avamposto militare dell’Urss, città chiusa simbolo della cortina di ferro, poi terra di confine, finestra russa sull’Occidente. Infine, contro ogni previsione, piccolo miracolo economico, col Pil cresciuto del 10 per cento in tre anni. «Siamo seduti su un vulcano, fra i capricci di storia e geografia» sorride Valentina, figlia di veterani di guerra arrivati qui, come tutti, dopo il 1945. I 950 mila abitanti di Kaliningrad non superano la seconda generazione. Valentina lavora ai cantieri navali militari statali Jantar: «Con la crisi le commesse da Mosca sono calate». Non solo quelle. Nell’aeroporto si costruisce il nuovo terminal, che vuole fare concorrenza a Mosca come hub internazionale. Ma KD Avia, la compagnia locale nata del 2005 e fiore all’occhiello del boom con i suoi voli per Roma, Barcellona e Tel Aviv, ha appena dichiarato bancarotta. «Una macchinazione di Mosca per accaparrarsi un buon affare» sussurra qualcuno, con la diffidenza per il potere centrale tipica dei locali: «Da là arrivano solo diktat». In città, si respira aria d’Europa.
Le strade si chiamano Ottobre, Gagarin, Proletaria. Ma con il capitalismo, anche il passato tedesco riaffiora dal doppio fondo, facendo dimenticare il relitto del palazzo dei Soviet mai abitato, “il mostro”. In piazza della Vittoria, ex piazza Hitler, la statua di Lenin è stata rimossa nel 2005 per fare posto alla nuova cattedrale ortodossa. Di fronte sta l’immenso centro commerciale Europa con le sue boutique di lusso e la gelateria italiana, guardato a vista dal monumento alla Madre Patria del 1946. Nel 2005 il Comune ha festeggiato in gran pompa il 750° anniversario della città. Königsberg, ovvio. Giovani volontari riparano le fortificazioni teutoniche, l’elegante cinema Zarja anni Trenta perfettamente restaurato ospita il Festival scandinavo, nel ristorante accanto arredi d’epoca hitleriana e il caffè glamour è opera dei designer. I vecchi storcono il naso, il ricordo della guerra è una ferita aperta. «Ciò che è rimasto di bello è “ex”, straniero, non nostro. Soffriamo di questo complesso» dice Alexander, trent’anni, avvocato. Sull’isolotto nel fiume l’immensa cattedrale luterana restaurata dai tedeschi fa ombra alla tomba di Immanuel Kant, nato qui nel 1724. «Pochi hanno letto la Critica della ragion pura, in questo Assurdistan» scherza Alex. Sfrecciano Bmw, Mercedes e Audi; la nuova classe media e gli oligarchi ai grattacieli moscoviti preferisce villini in stile tedesco o dimore eclettiche della città giardino anni Venti dove abitò Göring, il decò di via Thälmann. Sulla costa, a Svetlogorsk, comprano chalet svizzeri in via Lenin, dietro al Grand Palace frequentato da Putin: la moglie Ljudmila è nata qui.
«Bella insalata, vero? Noi la chiamiamo König, o scherzando Königskant» fa Alex. Quel nome odioso che ricorda il Kalinin compare di Stalin, il governo non vuole cambiarlo. Le ragazze vestono all’europea, con make up sobri. «Siamo russi per lingua, politica e feste comandate, ma ci sentiamo europei. Berlino dista 600 chilometri, Mosca il doppio». Dopo l’Urss Kaliningrad si sente abbandonata tra povertà, Aids e contrabbando di auto, droga, alcool e sigarette. «Per noi giovani era la libertà. Potevamo andare in spiaggia a Klaipeda, ai concerti rock a Varsavia senza visti. Privilegiati. Poi ci siamo visti tirare su un muro davanti agli occhi in una notte». Era il 2004: Polonia e Lituania che circondano l’enclave entrano nella Nato e nella Ue. Schengen rischia di fare di Kaliningrad una prigione. Bruxelles concede facilitazioni di movimento ai kaliningradesi, però i vicini impongono code estenuanti alle frontiere. I traffici illeciti proseguono. «Oggi con la crisi il flusso si inverte: di là pane, carne e latte costano meno che da noi» è preoccupato Daro, in fila da ore a Bagrationovsk, varco per la Polonia.
Le tigri dell’est affondano nel deficit «e noi rischiamo di diventare una nave alla deriva, così dipendenti dall’esterno». Il porto internazionale di Baltysk, unico in Russia che non gela mai, ha licenziato metà organico. «Al solito, dovremo cavarcela da soli» dice Dmitri, capo di una media impresa di trasporti che lavora con Olanda, Norvegia e Germania. L’insofferenza per i lacci imposti dal centro traspare: «Hong Kong? Possiamo diventarlo, laboratorio di convivenza con l’Europa. Ma il potere frena, teme il separatismo e che altre regioni ci imitino». Mostra le foto del viaggio in Italia: «I nostri figli non sono mai stati a Mosca. Che Russia è?». E i missili Iskander che Medvedev voleva piazzare qui? «L’abbiamo scampata, già vedevamo gli stranieri fuggire». Mamma Mosca promette aiuto: una centrale nucleare entro il 2014, quella a gas Tez che venderà energia ai Baltici. Gioco d’azzardo libero. La Zona Economica Speciale creata nel 1996 concede ampi sgravi fiscali e doganali agli investitori. «Ma mancano garanzie per il capitale, la corruzione impera. In Germania la legge è legge, qui no» chiosa Alex. «Sai che Kant arrivò tardi al suo matrimonio e poi non si sposò mai più? Forse è il nostro destino». Quando comincia il futuro nella città di K.?