lunedì 12 settembre 2011

Il Kalevipoeg (4/4)

Analisi critica
Quando fu pubblicato, il Kalevipoeg suscitò non solo ammirazione, ma venne anche giudicato negativamente da parte della critica, che non apprezzò né l'unità del contenuto, né tanto meno la modernizzazione dell'ideologia espressa dal poema. Kreutzwald si vide rimproverare la mancanza di autenticità folkloristica dell'opera e la scorrettezza della forma poetica. Altri critici sottovalutarono il Kalevipoeg, ritenendolo troppo derivativo rispetto al Kalevala.
Riguardo alle fonti di partenza utilizzate da Kreutzwald, non c'è molta chiarezza. Canti e leggende popolari furono sicuramente utilizzati come materia prima per la compilazione del poema, ma cercare di stabilire una linea di demarcazione tra il materiale originale e gli interventi di Kreutzwald, non è affatto facile. Addirittura, stando a quanto affermava Domenico Comparetti nel suo storico saggio sulla poesia popolare finnica, Kreutzwald avrebbe distrutto i quaderni contenenti i canti popolari raccolti dalla viva voce del popolo, rendendo impossibile una valutazione del valore folkloristico del poema (Comparetti 1891).
Il materiale popolare su Kalevipoeg, secondo i rilievi di Laugaste, si dividerebbe in due generi letterari affatto diversi: leggende prosastiche in cui il personaggio è descritto come un malvagio gigante, e ballate in cui è invece un nobile guerriero (Laugaste 1990). Kreutzwald avrebbe attinto ad entrambi i generi, vertendo in regivärss le parti in prosa e cucendole insieme a un certo numero di canti di argomento lirico. Dovunque si presentassero discontinuità, Kreutzwald aveva interpolato brani da lui composti ex novo, con lo stesso metro e nello stesso stile, per conferire al tutto un carattere omogeneo e coerente.
Gli studi effettuati da August Annist (1899-1972), uno dei primi studiosi ad analizzare criticamente l'opera di Kreutzwald, hanno messo in luce che il contenuto del Kalevipoeg consisterebbe per tre quarti di racconti o frammenti di racconti tratti dal folklore estone, di cui appena una metà in connessione con il personaggio di Kalevipoeg. Analisi di questo tipo finirono per riconoscere come autenticamente popolari non più di 7600 versi sui 19.000 di cui si compone il poema (Prampolini 1953). Uno studio più recente, risalente agli anni Sessanta, ha ulteriormente ridotto il computo, affermando che solo 2500 versi (il tredici per cento dell’intera epopea) proverrebbero dalla tradizione orale. (Pieretto 2009).
Come giustamente ha notato Jüri Talvet, la maggior parte del contenuto del Kalevipoeg ha ben poco di «popolare», né riflette in alcun modo un folklore autentico. Il Kalevipoeg, non può essere considerato a nessun titolo un poema mitologico. Al contrario, esso è, in tutto e per tutto, un'opera letteraria, costruita a tavolino da Kreutzwald. Piuttosto che ai poemi omerici, andrebbe paragonato all'Eneide di Virgilio: un poema prodotto da un unico autore, al fine di glorificare i fasti di una nazione; oppure ad Os Lusiades («I Lusiadi»), il poema col quale Luís de Camões (1524-1580) tentò di trasformare in mitologia le glorie marittime del Portogallo. Il Kalevipoeg, dunque, non ha celebrato un mito, ma piuttosto ne ha creato uno posticcio, a supporto della neonata coscienza nazionale dell'Estonia. (Talvet 2003)
Sia ben chiaro che, l'essere un'opera letteraria e non mitologica, non è un difetto del Kalevipoeg, ma piuttosto una sua definizione. Qualsiasi giudizio si debba muovere al poema deve partire necessariamente da questa considerazione. Kreutzwald era uno scrittore dotato di una buona coscienza letteraria, e produsse esattamente quello che la Società Erudita Estone aveva vagheggiato: un poema nazionale estone, costruito sulla base dell'idea romantica del mito quale distillato del genio e della fierezza di un popolo. La forza del protagonista principale, Kalevipoeg, nonché quella delle altre figure presenti nel poema, sta nel conservare costantemente la propria umanità e spontaneità, richiamando a tratti lo spirito dell'infanzia. L'eroe, che ha bisogno di denaro per costruire fortezze e fabbricare armi per difendere il suo popolo, che lotta con fate e maghi, con diavoli e streghe, che scende due volte agli inferi, mostra tuttavia le stesse caratteristiche di ogni essere umano. Ha bisogno di dormire tre giorni dopo la seconda discesa nell'aldilà; non trascura mai di mangiare, se non posto di fronte a gravi avversità; si adira e impreca quando perde il cavallo, sbranato dalle bestie feroci.
L'effetto totale del Kalevipoeg è comunque potentissimo, e non sono mancati critici che hanno salutato l'opera di Kreutzwald come un capolavoro, in grado di esaltare al massimo grado lo spirito nazionale estone. Nel Kalevipoeg è presente un forte senso di riscossa politica e culturale: Kalevipoeg rappresenta lo spirito invitto degli Estoni e i Cavalieri Teutonici contro cui egli si leva sono una trasparente metafora contro tutti gli invasori che nel corso della storia hanno calpestato i diritti del piccolo Paese. Il sentimento patriottico di cui il Kalevipoeg è letteralmente imbevuto, non ha mai mancato di suscitare consenso nel cuore degli Estoni.
Ma non si può fare a meno di notare che tutto questo patriottismo, per quanto legittimo e perfettamente condivisibile, contribuisce a soffocare l'afflato «mitologico» dell'opera. Ciò comunque non toglie nulla all'immenso valore che il Kalevipoeg ebbe per l'Estonia, anche perché richiamò l'attenzione dell'Europa colta sull'ignorata nazione del Baltico. Per usare le parole di Georg Julius von Schultz, con la pubblicazione del Kalevipoeg, «la mendica Estonia scoperse di essere in realtà una regina».
Kalevipoeg e Kalevala
Un raffronto tra Kalevala e Kalevipoeg è d'obbligo, tantopiù che il poema estone fu compilato sull'esempio di quello finlandese. Le due opere, seppure incentrate su una medesima base mitologica, sono però assai diverse. Nel Kalevipoeg, rispetto al Kalevala, la tradizione popolare è meno facilmente identificabile, ma è pure vero che il poema estone è più unitario, rispetto al finnico, proprio grazie agli interventi di Kreutzwald. Quest'ultimo, infatti, lasciò il suo segno nel Kalevipoeg molto più di quanto non fece Lönnrot nel suo Kalevala.
Se Lönnrot era stato molto attento a rispettare lo spirito e lo stile dei canti popolari finlandesi, scrivendo di suo soltanto una minima parte dell'immenso poema, Kreutzwald intervenne in maniera massiccia nel materiale a sua disposizione. La sua retorica neoclassica e le sue nebbie ossianiche si distinguono chiaramente dalle parti autentiche. Il suo metro è assai meno flessibile di quello del Lönnrot, e infine gli manca una completa assimilazione dell'animismo della poesia popolare finnica, nonostante non manchi l'onnipresenza degli elementi naturali e i personaggi siano in grado di comprendere il linguaggio degli oggetti e degli animali. Infine, il Kalevala è un poema libero, fantasioso, intriso di un profondo senso della natura e del motivo onnipresente della parola fascinatrice, laddove il Kalevipoeg è maggiormente radicato nella tragicità della materia. Si ha l'impressione, probabilmente non falsa, che il Kalevipoeg risenta dell'influsso dell'epica germanica, assai più convulsa e cruenta di quanto non sia la rarefatta epica finlandese, che invece è epica di magia e non di spada.
D'altra parte, il materiale di partenza estone era in buona parte prosastico e dovette essere messo in poesia dallo stesso Kreutzwald. Lönnrot aveva a disposizione una gran quantità di canti epici e magici – e molti presenti in più di una variante – su cui operare la sua scelta. Per tale ragione, nonostante l'uno e l'altro epopea furono, in fin dei conti, la costruzione del genio di due grandi scrittori, Lönnrot e Kreutzwald, il Kalevala è anche un grande poema popolare, mentre il Kalevipoeg è un'opera essenzialmente letteraria. (Talvet 2003)
Metrica
Tutta la poesia popolare estone – che è soprattutto lirica – è in un unico metro, il regivärss (plur. regivärsid), il quale è il medesimo del Kalevipoeg. È un metro quasi identico a quello dei runot finlandesi: un ottonario semiquantitativo. I quattro piedi sono sempre costituiti da una sillaba lunga seguita da una sillaba breve, ragion per cui la maggior parte dei versi sono ottosillabi:
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Ma taluni piedi possono avere fino a quattro sillabe e produrre versi più lunghi, a volte fino a dodici sillabe. Altri versi sono più corti e uno o più piedi sono occupati da un’unica sillaba lunga, cantata allora su due note. La coesione musicale dell'opera è assicurata da un abbondanza ricorso all'allitterazione e all'assonanza. Vi è infine un uso discreto del parallelismo: il concetto espresso in un verso viene ripetuto nel successivo, formulato con parole diverse ma il più delle volte secondo la stessa struttura sintattica. I versi paralleli non sono quasi mai identici, ma di solito comportano variazioni di senso per il quale ogni nuovo verso completa o modifica l'idea iniziale cosicché la narrazione procede insieme con lo scorrere e l'accavallarsi delle continue variazioni del testo. Le continue formulazioni comportano un largo uso di sinonimi o metafore (Pieretto 2009). Si noti che tali formalismi sono tipici di buona parte della poesia finnica: anche nei runot del Kalevala troviamo un analogo uso delle allitterazioni; il parallelismo risulta però più diluito nel poema estone di quanto non sia in quello finnico.Cantato, tuttavia, il Kalevipoeg risulta più musicale e affascinante di quanto non sia il monotono ripetersi di ottonari del Kalevala. Ragione ne è che al regolare accento tonico sempre presente sulla prima sillaba, il regivärsid associa un accento musicale che ne rende i versi trocaici. Il contrasto ben regolato tra i due ritmi conferisce al poema estone un fascino particolarissimo. (Oras 1969)
Traduzioni
Prima traduzione del Kalevipoeg fu quella in tedesco, opera di Carl Reinthal, che uscì affiancando il testo estone già nella prima edizione, per poi essere pubblicata in volume, singolarmente, ancor prima che uscisse l'edizione estone. Una seconda traduzione in tedesco vide la luce nel 1900, dopodiché il Kalevipoeg venne tradotto in russo, lettone, ungherese, finlandese, cèco, lituano, rumeno, ucraino, inglese, svedese e finalmente, nel 2004, in francese. Una versione prosastica italiana, tratta da una riduzione francese del 1930, è uscita nel '35. Contiene molte lacune e riadattamenti, quando non vere e proprie eliminazioni di dettagli ed interi episodi (vi manca ad esempio l'episodio della fanciulla dell'isola, forse censurato per il suo contenuto «scabroso») (Raudsep ~ De Stœcklin 1930). Solo ultimamente, Giorgio Pieretto ha fornito una traduzione di ampi stralci del poema (Pieretto 2009). Manca ancora, però, una traduzione integrale dell'opera.

2 commenti:

  1. Ho letto l'analisi critica con molta attenzione: si tratta di un contributo molto ben bilanciato.

    Non posso non notare come, al di là di quel che affermano critici e intellettuali, alla fine quel che conta è ciò in cui un popolo si riconosce.

    In questo senso lo scopo del Kalevipoeg (date le circostanze temporali in cui si è sviluppato, ovviamente opera posticcia) non è tanto quello di mostrare un'attinenza con un certo corpus di leggende del passato, quanto quello di fornire un contesto di valori condiviso dai piú.

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  2. Suggerisco un'appendice che tratti il rapporto tra il Kalevipoeg e le altre arti, a partire dalla musica.

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