Si stima che nel
corso degli anni 1940 e 1950 gli Estoni abbiano perso circa un quinto della
propria popolazione, tra i morti della
Seconda Guerra Mondiale, coloro che
fuggirono ad occidente durante il regime sovietico ed i
deportati ed assassinati nel corso della repressione staliniana.
Queste perdite riguardarono
soprattutto le classi colte che
avevano iniziato ad affermarsi nel breve periodo della precedente indipendenza.
Coloro che erano rimasti furono costretti ad adottare una sorta di strategia di sopravvivenza e si può supporre che l’esperienza della storia, ricavata nel corso dei secoli di occupazioni straniere, sia servita di una qualche utilità.
Per quanto strano possa
sembrare, alcune cose in materia
di istruzione effettivamente migliorarono, in special modo sull’accessibilità. I motivi principali
furono le esigenze dell'industria, in particolare
quella militare.
Nel 1949 fu istituito un percorso scolastico
obbligatorio di 7 anni, che tra il 1958 ed il 1963 fu innalzato ad 8 anni. Secondo le statistiche, tutti le nuove
generazioni del dopoguerra, quasi senza eccezione,
poterono accedere all’istruzione di base ed acquisirla. La proporzione di coloro che poi continuavano il percorso educativo in scuole secondarie o
professionali fu poi in costante aumento.
Questo processo divenne poi legge negli anni
1970, con l’istituzione del programma educativo secondario generale.
Di conseguenza, nei
primi anni 1980, il 99% dei diciottenni aveva acquisito l’istruzione secondaria o
professionale (l’una o l’altra o entrambe), con scuole diurne, serali e a
distanza.
L’Estonia, come gli
altri Paesi Baltici, riuscì a mantenere
la sua lingua madre nell’istruzione
superiore, anche se nuovi corsi
in lingua russa furono progressivamente attivati a tutte le facoltà universitarie, a causa dell’aumento
della popolazione russa. Già
nella metà degli anni 1950, il numero di studenti superò i diecimila.
Tale traguardo, confrontato con il totale dei laureati nell’Università di Tartu
(5.751) tra il 1919 e il 1939,
mostrò un aumento considerevole ed innegabile.
L’istruzione gratuita e facilmente accessibile stava dando i suoi frutti. Anche se la
politica educativa sovietica
fu egualitaria, per non dire di compensazione e di livellamento,
tuttavia i meccanismi selettivi restarono piuttosto
meticolosi. I discendenti delle élites
intellettuali del periodo di indipendenza, dei quali “i documenti non
sono riusciti a soddisfare le esigenze”, ebbero una possibilità limitata di acquisire l’istruzione superiore in epoca staliniana. Quelli
che precedentemente erano stati di più basso rango sociale invece godevano della concessione di diversi privilegi.
Durante il cosiddetto “disgelo” di Krusciov, tra la fine degli anni 1950 ed i primi anni 1960, la pressione politica diretta cominciò
a diminuire, ma i meccanismi interni di selezione iniziarono a funzionare più
intensamente.
Negli anni 1960 l’istruzione secondaria
fornì una la possibilità di salire la
scala sociale, ma d’altra parte la sua mancanza determinò una forte riduzione
di ulteriori tipi d’istruzione o di altre opportunità.
Se negli anni 1960 il 39% di coloro che erano in possesso di un diploma d'istruzione
secondaria ebbe accesso all’istruzione universitaria, negli anni 1970 la
percentuale salì al 43%. Dall’inizio degli anni 1980,
quando la transizione verso l’istruzione
secondaria fu pienamente raggiunta,
un diploma certificante il completamento degli studi secondari
non fu ormai più sufficiente per ottenere l’ingresso agli studi universitari.
L’ingresso agli
istituti di istruzione superiore era
dunque diventato setettivo come lo era stato nel passato. I giovani ora venivano selezionati in diverse categorie a
seconda del tipo di istruzione
secondaria ricevuta: quelli che potevano
continuare presso la stessa scuola dopo aver ottenuto la
loro istruzione di base si
trovarono in una posizione
avvantaggiata rispetto a coloro che sono stati costretti a cambiare scuole. Gli
ulteriori studi dipendevano dal fatto che la scuola era in una
città grande o in una piccola città di provincia.
Per quanto riguarda la possibilità di continuare a studiare ulteriormente, le scuole professionali costituirono un vero e proprio vicolo cieco.
La classe sociale costituì un sempre più crescente elemento
discriminante, se i giovani all’età di 15 anni optavano per la scuola
secondaria o per quella professionale. Nelle scuole
secondarie divennero predominanti i figli dei colletti bianchi
quando i corsi di studi non portavano ad immediati sbocchi professionali. Nella
scuola secondaria superiore non legata alla produzione industriale (liceo)
quindi funzionò il meccanismo di generazione di specialisti, mentre la scuola
professionale divenne frequentata da giovani appartenenti ai
ranghi della classe operaia.
La più profonda divisione tra i giovani fu causata dal tipo di scuola
secondaria superiore frequentata. Le scuole
specializzate in una materia accademica (per esempio le lingue o le scienze)
divennero letteralmente plasmate in funzione di coloro che
avrebbero continuato nelle università e più del doppio dei frequentatori ebbero
successo ad arrivare fino alla laurea. Va comunque ricordato che, nel complesso,
i bambini frequentavano lo stesso istituto fin dall’inizio, completando
successivamente la formazione di base e la scuola secondaria. Pertanto, per i
giovani che avrebbero voluto avere maggiori possibilità al temine della scuola
secondaria divenne anche determinante la scuola che era stata scelta dai loro
genitori per intraprendere il percorso formativo.
Ho fatto vedere questa foto a mia moglie: stava cercando di comprendere in quale quartiere di Vilnius fosse stata scattata e all'inizio le è parso persino di riconoscere alcuni bambini. Questo la dice lunga sul potere di omologazione portato avanti in epoca sovietica.Un particolare: una volta mia moglie si è rifiutata di indossare il nastrino rosso; ne è quasi seguita una persecuzione, con ripetuti richiami e fortissime pressioni esercitate sui genitori.
RispondiElimina@ lituopadania - La fotografia l'ho presa in un sito russo che parla dell'Unione Sovietica, ma non ho idea del luogo. Infatti non l'ho accompagnata con didascalie.
RispondiEliminaMia moglie, invece, sull'argomento non mi ha narrato episodi "sovversivi". Mi spiegava tuttavia che sebbene il nastrino rosso bisognava portarlo sempre, la "divisa" non era sempre la stessa e poteva cambiare (anche più volte) nel corso dell'anno scolastico.
Sulla sua scuola primaria, inoltre, mi racconta che mentre le bambine russe venivano con capelli raccolti oppure con una coda da cavallo, le bambine estoni si distinguevano per le trecce oppure i capelli raccolti in due ciocche.
Lei era la prima della classe nella gara di velocità a smontare e rimontare il kalashnikov ed infine - mi racconta - spesso si incontravano con altre classi dell'URSS, in particolare del Caucaso e dell'Asia centrale sovietica. Una volta ebbero un gemellaggio con una scuola emiliana e per dovere di ospitalità impararono a memoria alcune canzoni italiane.
Riguardo alla nostra storia a due non dimenticherò mai che la prima frase che le sentii pronunciare abbastanza bene e correntemente in Italiano fu appunto "avanti pòppolo alla riscossa bandiera rossa bandiera rossa; avanti pòppolo alla riscossa bandiera rossa trionferà". Stavo morendo dal ridere!!!