La parola Repubblica deriva dalla fusione delle parole latine Res (=”Cosa”) e Publica (=”Pubblica”). Linguisticamente si tratta di una parola che ha avuto una notevole fortuna, perché oltre ad essere rimasta sostanzialmente immutata negli altri idiomi neolatini (République in Francese, Republică in Romeno e República in Spagnolo e Portoghese), è cambiata di poco o addirittura per nulla nelle lingue germaniche (Republic, Republik, Republiek), nelle lingue slave (Република/Republika, Республика/Respublika), riuscendo a farsi strada anche in lingue completamente estranee alle radici indoeuropee, come il Tagalog delle Filippine (Republika), il Bahasa Indonesia (Republik), il Malgascio (Repoblika) o l’Azero (Respublika).
Le repubbliche attuali sono quasi tutte riconducibili a quanto ebbe inizio negli ultimi 5 lustri del XVIII secolo, quando in Francia ed in 13 colonie britanniche nel Nord America nacquero nuovi modi di gestire l’amministrazione, dopo aver escluso con la forza il principio dell’ereditarietà. Dunque, Repubblica in alternativa alla Monarchia.
Per definizione viene frettolosamente detto che la Repubblica è una forma di governo in cui la sovranità risiede nel popolo e dove il potere esecutivo viene esercitato dai cittadini eletti per un periodo di tempo determinato. Ma non per questo le repubbliche sono necessariamente “democratiche”. Nell’antichità, per esempio, la Repubblica Romana negava la piena cittadinanza agli schiavi ed alle donne, mentre la medievale Serenissima Repubblica di Venezia era una vera e propria oligarchia, dove il popolo era escluso dal governo della cosa pubblica ed il capo dello stato (il Doge) veniva scelto con un complesso sistema di voto-sorteggio tra gli appartenenti alla classe nobiliare.
Nelle repubbliche degli ultimi due secoli, poi, abbiamo assistito in tutto il mondo ad alcune evoluzioni di sistemi di voto, con esclusioni dei partiti minori anche dal semplice accesso alla cosa pubblica, con privilegi per coloro che hanno o hanno avuto presenza nell’amministrazione, ai brogli ed alla diminuzione delle percentuali dei votanti. Questi ultimi casi (cioè dove si vota con in doppio turno o dove ci sono meccanismi con premi alle maggioranze relative) vedono alla fine una vera e propria minoranza prevalere su tutti. Per essere più chiari, guardiamo al recente esempio della Francia, madre di tutte le repubbliche moderne, proprio nelle elezioni per la scelta del Presidente della Repubblica. Il 22 aprile 2012 François Hollande ricevette solo 10.272.705 voti (28,63% dei voti validi) tra 10 candidati. Il sistema elettorale scomodò nuovamente i cittadini il 6 maggio 2012 - ponendoli di fronte alla scelta tra solo due - e François Hollande riuscì ad essere eletto a capo di uno degli Stati più importanti del pianeta Terra dove gli aventi diritto al voto erano ben 46.028.542 (vedere qui). Infine non andrebbe mai dimenticato che tra le “repubbliche” vanno annoverati anche i regimi meglio ricordati come comunisti, socialisti e nazisti.
In Estonia, dove la lingua ufficiale si è formata da meno di duecento anni, per definire lo stato indipendente e che doveva essere diverso dalle monarchie subìte da sempre (Danesi, Tedeschi, Svedesi e Russi), non è stata scelta la locuzione Res Publica, ma le parole ugrofinniche Vaba (=”Libero”) e Riik (=”Stato”). Si tratta di un concetto spiritualmente molto più elevato, riferito ad una comunità nazionale, in quanto uno Stato Libero presuppone tanto l’assenza di qualsiasi impedimento di iniziative e di idee (il Diritto), quanto il costante e coscienzioso sforzo di tutto il popolo per percorrere la strada buona per tutti gli abitanti e non solo per la maggioranza di essi (il Dovere).
Eesti Vabariik è la denominazione ufficiale e completa dell’Estonia, che impropriamente - ma ormai convenzionalmente - traduciamo in Repubblica di Estonia. Itaalia Vabariik è il modo, altrettanto impreciso, con il quale gli Estoni traducono Repubblica Italiana.