mercoledì 9 novembre 2011

L'Estonia in un articolo del 1920

La prima pace bolscevica
L’armistizio con l’Estonia firmato
L’avanzata verso oriente
(Servizio speciale della Stampa)
Londra, 2, notte.
L’armistizio fra l’Estonia e la Russia bolscevista è un fatto compiuto. L’accordo è stato firmato le sera di mercoledì scorso a Dorpat. L’armistizio è provvisorio. La sua durata iniziale sarà di una sola settimana a cominciare da domani. Esso però si rinnoverà automaticamente, finchè non venga denunziato entro il termine di ventiquattro ore, allo spirare della settimana.
La Francia voleva che l’Estonia guerreggiasse ancora
L'inviato speciale del laburista Daily Herald telegrafa da Dorpat i seguenti particolari: «Il primo accordo della Russia soviettista con lo Stato capitalista è stato firmato a Dorpat. La questione dei confini fra l'Estonia e la Russia non è naturalmente risolta nell'armistizio. Si ricorre invece ad un puro raggiustamento temporaneo. L’Estonia ha dato delle garanzie militari, che i bolscevisti hanno trovato soddisfacenti, contro ogni ulteriore attacco contro la Russia soviettista dal territorio estone. In compenso, i bolscevisti hanno riconosciuto l’indipendenza dell’Estonia. Entrambe le parti ammettono che questo è il primo passo verso l’armistizio permanente, è più tardi vi sarà senza dubbio una formula di completo stato di pace fra i due paesi. L’importanza della conclusione dell’armistizio è facilmente compresa quando si ricordi che durante le conversazioni di Dorpat sono stati esaminati tutti gli aspetti delle future relazioni fra la Russia soviettista e i piccoli Stati litoranei che confinano con essa. I principi sui quali si è concluso l’accordo sono applicabili a tutti gli altri Stati baltici. La conferenza di questi ultimi, che è convocata ad Helsingfors per lunedì, modellerà naturalmente la sua domanda di armistizio sui principi stabiliti nel trattato ora firmato. Non ci è dubbio, ad onta delle voci in contrario sparse dalla stampa conservatrice, che tutti gli altri Stati baltici si propongano di firmare un armistizio coi bolscevisti. In verità una convenzione del genere è già praticamente redatta. Il Governo dell'Estonia continua a dichiarare che attualmente nessuna pressione viene esercitata contro la pace dai Governi inglese e americano. E’ però vero che fino all’ultimo momento le più forti pressioni furono esercitate dalla Francia, la quale voleva che l’Estonia continuasse la guerra».
“La via delle Indie è aperta„
Fin qui il corrispondente del Daily Herald. Circa la situazione generale creata dalle sconfitte delle forze reazionarie di Koltciak e Denikin, il noto critico militare inglese, generale Maurice, in un articolo dettagliato, osserva che i bolscevisti hanno completamente abbattuto la barriera che li ratteneva verso l'Oriente. Il crollo di Koltciak è completo e la posizione di Denikin, sempre secondo il critico stesso, è piuttosto precaria. Tutto ciò significa che alle forze bolsceviste può ormai dirsi aperta la via delle Indie, ed è significante il fatto che un radiotelegramma da Mosca annunzia che un esercito bolscevista è arrivato a Bokhara, a 700 miglia a sud-est del Mar Caspio, e poco lontano dai confini dell'Afganistan. Il generale Maurice conclude invocando una politica ragionata verso la Russia. «Se noi tentiamo di. precludere la Russia soviettista dall’occidente, e nel tempo stesso non siamo in grado di tenere asserragliate le vie verso l’Oriente, è ovvio — egli scrive — che vinceremo le forze russe nel senso in cui esse saranno capaci di farci il maggior male ».
Anche il Times è preoccupato dall’avanzata delle forze di Lenin verso l’Asia centrale. Può essere un pericolo ancora lontano, ma la prospettiva si fa visibilmente preoccupante. Quanto alla posizione della Siberia, orientale, un cablogramma da New York dichiara che i negoziati americano-giapponese non sono ancora giunti a conclusione, ma si crede che il Governo americano sia disposto a consentire al Giappone di aumentare le sue forze in Siberia, per impedire ai bolscevisti di raggiungere Wladivostok, a patto però che il Governo giapponese s’impegni a richiamare le sue truppe, dopo che in Russia sia sorto un Governo stabile. Tutto ciò fa pensare che i negoziati di Washington andranno ancora assai per le lunghe.
M. P.
Da "La Stampa" del 3 gennaio 1920, pagina 4.

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