domenica 28 agosto 2011

Il Kalevipoeg (1/4)

Mentre il Kalevala è universalmente conosciuto come il poema nazionale finnico, assai meno popolare è il suo confratello estone, il Kalevipoeg.
Epopea finnica e germanica al tempo stesso, la storia di Kalevipoeg si muove tra il tempo assoluto del mito e quello ben determinato della storia. Esseri soprannaturali, spade maledette e animali parlanti fanno da sfondo – a volte con assoluta naturalezza, a volte in maniera piuttosto stridente – alla tragica crociata dei Cavalieri Teutonici i quali, nel XIII secolo, invasero le terre del Baltico, stabilendo le basi di una serie di dominazioni e tirannie destinate a durare fin quasi ai nostri giorni.
Popolare nei temi, ma fortemente voluto e praticamente ricostruito a tavolino da due uomini, Friedrich Robert Fählmann e soprattutto Friedrich Reinhold Kreutzwald, il Kalevipoeg rispecchia al meglio l'identità storica dell'Estonia ed è, inoltre, una limpida espressione delle ingiustizie che i popoli «minori» hanno dovuto subire fin dal loro affacciarsi nella storia, e della volontà di riscatto e di libertà che, da sempre, li ha animati.
Il contesto storico
Abitata fin dall'antichità da tribù di ceppo finnico, gli Æstii furono chiamati per la prima volta con questo nome da Tacito nel 98 d.C. (Germania 45), anche se è probabile che tale nome indicasse in realtà i popoli germanici stanziati sulla via dell'ambra, lungo la costa meridionale del mar Baltico. L'etnonimo, attraverso il norreno Eistr – da cui Eistland – passò in seguito a indicare la popolazione e il territorio stanziato ad est del golfo di Finlandia.
Della storia estone si hanno notizie certe solo a partire dall'XI secolo, quando il paese subì diversi attacchi da parte dei Russi di Novgorod e Polock, i quali però non riuscirono a estendervi il proprio dominio. Nel 1030, Jaroslav Mudryj, knjaz' di Kiev, dopo aver sconfitto in battaglia gli Estoni, costruì la fortezza di Jur'ev, nota attualmente come Tartu.
All'inizio del XIII secolo, il popolo estone si presentava suddiviso in dodici «contee» [kihelkonnad] indipendenti, i cui rappresentanti si riunivano per prendere decisioni, di carattere sia economico che militare, che riguardavano tutti gli Estoni. Secondo quanto riportato dal Chronicon Lyvoniæ, di Enrico II il Lettone, gli Estoni, già al tempo dell'invasione tedesca, presentavano un alto grado di civiltà: vivevano in piccole comunità, si dedicavano all'agricoltura, la pesca, l'apicoltura ed erano anche dei marinai eccellenti. Le tribù estoni si distinguevano per la loro peculiare forza bellica, sia nelle incursioni a danno della Scandinavia, sia nelle azioni difensive contro gli aggressori stranieri, principalmente danesi e tedeschi.
Particolarmente feroci furono le «crociate» compiute tra la fine del XII secolo e l'inizio del XIII dai missionari tedeschi sui popoli baltici, ancora pagani. Essi comprendevano, risalendo il baltico da sud-ovest a nord-est:
· Antichi Prussiani, Jotvindi, Galindi e Scalovici (tra la Polonia orientale e la Lituania inferiore);
· Lituani (odierna Lituania);
· Curi, Semigalli, Seloni e Latgalli (odierna Lettonia);
· Livoni ed Estoni (salendo dalla Lettonia all'Estonia), di lingua ugrofinnica.

Le crociate del nord esse ebbero ufficialmente inizio con la «chiamata» di papa Celestino III, nel 1193, alla conversione dei pagani del Baltico. I missionari cristiani inviati nella regione vennero uccisi, e con Innocenzo III, si provvide ad elaborare strategie più dirette. Albrecht von Buxhövden, nominato primo vescovo di Livonia nel 1199, sbarcò a Rīga nel 1200 e, nel giro di sei anni, riuscì a convertire i Livoni, dopo averli sottomessi grazie all'ausilio dei Cavalieri Portaspada [Fratres Militiæ Christi], ordine cavalleresco da lui stesso fondato.
Ma la conquista dell'Estonia non fu altrettanto agevole e, nel 1218, il vescovo Albrecht ottenne l'aiuto del re di Danimarca, Valdemar II. Questi, messosi a capo dei Cavalieri Portaspada, attaccò il nord dell'Estonia. L'anno successivo, Valdemar riuscì ad occupare le terre della contea estone di Rävälä e, distrutto il bastione estone di Lindanisa, edificò sulle sue rovine la fortezza di Reval, più nota come Taani Linn, «fortezza dei Dani», poi divenuta Tallinn, attuale capitale dell'Estonia. I Danesi imposero il loro controllo anche nelle contee di Virumaa, Järvamaa e Harjumaa.
Nel 1220, anche gli Svedesi penetrarono nella contea di Läänemaa, ma vennero subito respinti dagli Estoni di Saaremaa, particolarmente tenaci nell'opporre resistenza agli invasori. Nel 1223 Svedesi, Danesi e Tedeschi furono allontanati da tutta l'Estonia, fatta eccezione per la fortezza di Reval, rimasta in mano ai nemici. L'anno successivo gli invasori riuscirono però a sottomettere l'intera Estonia, eccezion fatta per l'isola di Saaremaa, che capitolò solo nel 1227.
Gli Estoni, che nel 1217 avevano perduto il loro capo Lembitu opponendo resistenza ai Tedeschi, mantennero però una certa autonomia: potevano continuare a essere proprietari terrieri ed era loro consentito portare armi. La loro situazione peggiorò all'arrivo dei Cavalieri Teutonici, ordine fondato da Federico Barbarossa e riconosciuto da Papa Celestino III, che nel 1237 si fuse con i superstiti dell'ordine dei Portaspada e assunse il controllo dell'Estonia meridionale, della Lettonia, della Livonia e della Curlandia.
Subito dopo la sconfitta nella famosa «battaglia sui ghiacci», subita nel 1242 dai Cavalieri Teutonici sulla superficie congelata del lago Peipus (Pskov), ad opera dei Russi comandati da Aleksandr Nevskij, gli Estoni si ribellarono ai dominatori, ma non ottennero molto, visto che nel 1245 i Cavalieri tornarono a imporre la propria supremazia.
La potenza germanica in Estonia crebbe ulteriormente quando, nel 1246, il re di Danimarca vendette ai Cavalieri Teutonici i territori estoni ancora controllati dai Danesi. Non esisteva tuttavia alcun potere unitario, poiché in Estonia vi erano le proprietà del vescovo di Saaremaa e Läänemaa, quelle del vescovo di Tartu e quelle dei Cavalieri, la cui sede centrale, in cui dimorava il Gran Maestro, era piuttosto lontana, essendo situata a Marienburg (l'odierna Malpork, in Polonia).
Finalmente assoggettate, le terre del Baltico furono chiamate Terra Mariæ, in onore della Vergine. Ma il cristianesimo, imposto dai Tedeschi e dai Danesi, era destinato a portare ai popoli conquistati soltanto decimazioni, schiavitù economica e perdita della libertà personale. La servitù della gleba [pärisorjus], imposta a Livoni ed Estoni, si sarebbe trascinata, tra alti e bassi, per molti secoli. Per quanto riguarda la popolazione di centri come Tartu, Pärnu o Tallinn, essa era costruita principalmente da soldati e commercianti tedeschi. I porti servivano per il commercio dei prodotti estoni, controllato in gran parte dalla Lega Anseatica, la quale era in mano ai Tedeschi. Essi controllavano anche il traffico che dalla Russia era diretto all'Europa occidentale. Purtroppo non esistevano rapporti commerciali in senso stretto tra le diverse parti dell'Estonia e ciò non favoriva il processo di unificazione del Paese
Nel corso del '400, così come nel '500, vi furono diversi tentativi di occupazione dell'Estonia. Una volta schiacciato il potere dei Tedeschi, dopo la disastrosa Guerra di Livonia del 1558-1583, e terminata la breve e provvisoria ingerenza russa, il territorio estone fu ripartito tra Danimarca, Svezia e Polonia. Nel 1559, Saaremaa e Läänemaa divennero danesi; nel 1561, l'Estonia Settentrionale e Tallinn passarono agli Svedesi e, infine, l'Estonia meridionale passò sotto il controllo dei Polacchi.
Le guerre che si erano succedute, via via, tra Svedesi e Polacchi, tra Svedesi e Danesi, tra Polacchi e Russi, tra Svedesi e Russi per ottenere la supremazia in Estonia, con il loro strascico di pestilenze e carestie, avevano messo a dura prova il popolo estone, la cui popolazione era ormai ridotta a una frazione del numero originale. Lo stesso re di Polonia, István Báthory (R. 1576-1586), di origini ungheresi, denunciò il feroce sfruttamento dei contadini estoni da parte dei grandi proprietari terrieri balto-tedeschi, discendenti degli antichi Cavalieri Teutonici, e denunciò le loro miserrime condizioni di vita, talmente precarie che non potevano ritrovarsi nemmeno tra i pagani e i barbari.
Il braccio di ferro tra le varie potenze si concluse nel 1611, con la supremazia di Polonia e Danimarca: la prima estese il proprio dominio all'intera Livonia, la seconda mantenne Saaremaa. Il primo territorio venne però annesso nel 1629 al regno svedese; il secondo fu ceduto, sempre agli Svedesi, nel 1645.
La dominazione svedese fu meno feroce rispetto a quella tedesca. Essa non portò però ad alcun progresso dal punto di vista economico al popolo estone, straziato dalla guerra, pur migliorando notevolmente le condizioni dei contadini, a cui venne riconosciuto il diritto di denunciare presso i tribunali i soprusi subiti da parte dei proprietari terrieri. Per iniziativa del sovrano Gustavo II Adolfo Wasa (R. 1611-1632), fu distribuita terra ai contadini a danno dei signori, ai quali venne tolto il diritto di giustizia sui braccianti. Inoltre, sotto il suo dominio, venne fondato un liceo a Tallinn nel 1631, l'università di Tartu nel 1632 e una stamperia a Tallinn nel 1634, anche se l'opposizione dei balto-tedeschi rese quasi impossibile agli Estoni di accedere a qualche forma di istruzione. Nonostante questo, il controllo da parte della Corona svedese riuscì a innalzare, seppure di poco, il livello socio-culturale degli Estoni tanto che, in seguito alla cessione dell'Estonia alla Russia, i contadini estoni e livoni cominciarono a riferirsi al periodo precedente come del «buon vecchio tempo svedese» [vana hea Rootsi aeg] (Kelertas 2006).
Le riforme attuate dal re svedese Carlo XI (R. 1660-1697) contro l'abuso di potere dei grandi proprietari terrieri vennero infatti soppresse al termine della Guerra del Nord, nel 1721, quando, con la pace di Nystad (Uusikaupunki), l'Estonia venne venduta all'impero russo. Le condizioni di vita della popolazione estone, stremata dai massacri seguiti alla guerra russo-svedese, peggiorarono rapidamente. Il dominio russo restaurò il potere della classe dominante balto-tedesca, lasciando inalterate le condizioni sociali degli Estoni. I proprietari terrieri poterono arrogarsi il diritto di vita e di morte sugli sventurati dipendenti e sulle loro famiglie e la situazione precipitò a tal punto che gli stessi proprietari terrieri si trovarono a dover affrontare serie difficoltà.
La servitù della gleba fu ufficialmente abolita nel governatorato d'Estonia il 23 marzo 1816 e in quello di Livonia il 26 marzo 1819. Con le leggi dello zar Aleksandr I Pavlovič Romanov (R. 1801-1825), che restituirono di nome ai contadini il diritto di proprietà, i coloni estoni divennero per lo più affittuari, ma i loro contratti prevedevano affitti così cari – e obblighi di corvées talmente pesanti – che nessuno aveva la possibilità di acquistare nuovi terreni; per mostrare il proprio dissenso nei confronti dei proprietari terrieri, che erano di fede luterana, la popolazione si convertì all'ortodossia russa. La situazione si esasperò sotto il governo reazionario di Nikolaj I Pavlovič (R. 1825-1855), che parve ostacolare le speranze degli Estoni. La nobiltà balto-tedesca, di nuovo sicura nelle sue posizioni, indulgeva a tremendi abusi di potere, usurpando la terra ai fittavoli ed effettuando espulsioni in massa. Le rivolte venivano represse spietatamente. La borghesia reagiva rifugiandosi nel conformismo e, per la gente colta, germanizzarsi sembrava la sola via d'uscita. Paradossalmente, questo è anche il periodo della nascita letteraria estone. Un piccolo gruppo di letterati – Petersen, Fählmann, Kreutzwald – , ispirati dalla fede romantica nell'esistenza di un genio nazionale, ridiedero al popolo estone la fierezza delle proprie origini e del proprio paese, dando inizio al «risveglio» [Ärkamisaeg] dell'Estonia.
Nel 1838 nacque l'Õpetatud Eesti Selts, la «Società Erudita Estone», la quale attirò non solamente gli studiosi estoni ma anche molti intellettuali germanofoni che operavano presso l'Università Imperiale di Tartu. Nacquero società, associazioni culturali e professionali estoni, e il principale mezzo di espressione del movimento nazionalista fu il settimanale Eesti Postimees, il «Postino Estone», pubblicato dal 1857 a Pärnu e poi trasferito a Tartu nel 1863; esso era sostenuto sia dai contadini proprietari, che dagli insegnanti estoni. Sono proprio questi gli anni in cui vengono approntate e pubblicate le due versioni del Kalevipoeg (la prima nel 1853 e la seconda nel 1862), opera d'importanza capitale per la rinascita della coscienza nazionale estone.
La situazione cambiò quando, con la sua ascesa al trono, Aleksandr II Nikolaevič (R. 1855-1881) si adoperò a smuovere, con riforme a volte radicali, la cristallizzata società russa, adoperandosi in particolar modo nel compito di risollevare la pesante situazione delle province baltiche. Nel 1861, lo zar abolì la servitù della gleba in tutto l'impero. Nel 1866 accettò la richiesta di autonomia da parte delle parrocchie contadine e due anni dopo proibì gli affitti particolarmente costosi.
La reazione in Estonia fu immediata. Nel 1869 venne organizzato il primo festival nazionale dei canti popolari estoni, con lo scopo di celebrare l'amore per l'antica tradizione popolare. Successivamente venne fondata la prima scuola di istruzione secondaria, che prese nome proprio dallo zar Aleksandr II, in cui le lezioni si svolgevano in lingua estone, e nel 1871 fu istituita la Eesti Kirjameeste Selts, la «Società letteraria estone», la quale aveva anche interessi artistici e musicali, oltre che letterari. Tutti gli strati della popolazione erano d'accordo sull'introduzione, a ogni livello scolastico, dell'estone come prima lingua, al posto del tedesco.
Sul finire del secolo, pur continuando il processo di russificazione dei territori baltici, ad opera dello zar Aleksandr III Aleksandrovič (R. 1881-1894), la cultura e l'economia estone si svilupparono notevolmente, gettando così le basi della futura nazione. Le vicende russe del 1905 determinarono anche in Estonia insurrezioni da parte di operai e contadini. Il 12 aprile 1917 il Paese ottenne dal governo una sorta di autonomia e in luglio, dopo elezioni regolari, si venne a formare il primo governo estone. In seguito alla rivoluzione russa d'ottobre, in Estonia si formarono i soviet, ma, una volta terminata l'avanzata delle truppe germaniche, l'11 novembre 1918, a Tallinn riacquistò il potere il Governo Provvisorio Estone. Solo con il trattato di pace concluso con la Russia il 2 febbraio 1920, l'Estonia divenne uno stato indipendente. Gli anni a seguire furono particolarmente vivaci, poiché caratterizzati da una parte da progressi economici, dall'altra da crisi politiche, senza dimenticare l'ascesa di un movimento politico di destra che, nel 1934, sfociò nella dittatura di Konstantin Päts e nello scioglimento di tutti i partiti. Questi anni (1934-1940), pure caratterizzati da un ingente sforzo edilizio e industriale e di notevoli successi economici, sono noti anche come «periodo del silenzio» e, chi ne aveva la possibilità, non esitava a emigrare dall'Estonia.
Il breve sogno di libertà che il paese aveva accarezzato dal 1918 ebbe fine prematura durante la Seconda Guerra Mondiale, quando, con il patto segreto Molotov-Ribbentrop, siglato nel 1939 tra la Germania nazista e l'Unione Sovietica, Estonia e Lettonia vennero assegnati alla «sfera d'influenza sovietica». Una delle condizioni poste da Hitler a Stalin nell'agosto dello stesso anno fu il trasferimento di tutti gli abitanti di lingua tedesca del Baltico, nei territori controllati dai Tedeschi. Tra il '39 e il '40, quasi 70.000 persone vennero costrette ad abbandonare le loro case e forzatamente trasferite nel Reichsgau Wartheland polacco, mentre tutte le istituzioni culturali, educative e religiose tedesche nel Baltico venivano sbrigativamente liquidate. Quanti rifiutarono di andarsene, divennero in seguito vittime delle deportazioni staliniste, nel '41. Monumenti, cimiteri e documenti della presenza tedesca vennero distrutti o alterati. Aveva così fine l'etnia balto-tedesca che, dai tempi dei Cavalieri Teutonici, aveva contribuito – nel bene come nel male – a forgiare la storia e la cultura estone e lettone.
Il 6 agosto 1940, l'Estonia entrò a far parte dell'Unione Sovietica. Nel momento dell'ingresso nell'URSS, il governo provvisorio estone decise di disfarsi dei simboli nazionali e di sostituirli con un simbolismo sovietico creato allo scopo, tanto forte era l'avversione nei confronti della classe politica del periodo precedente. La decisione provocò grande malcontento in gran parte della popolazione che, nel corso degli anni, finì col rimpiangere la dittatura di Päts. Dopo l'ingresso nell'URSS, il governo locale era composto da estoni, ma ciò non impedì che il popolo fosse vittima di violente misure repressive, e ciò spense l'entusiasmo iniziale con cui gli Estoni avevano accolto l'entrata del loro Paese nell'URSS.
Nel luglio 1941 iniziò l'occupazione tedesca. Molti furono costretti ad arruolarsi nelle truppe naziste; altri ne entrarono a far parte volontariamente, sperando di far carriera, in quanto imparentati con i Tedeschi dai tempi del loro dominio. Vennero istituite le Waffen SS estoni, i cui membri si resero colpevoli di efferati crimini nei confronti del proprio popolo. Nel novembre 1944, in seguito alla progressiva ritirata tedesca e alla trionfale avanzata russa, l'Estonia tornò in seno all'Unione Sovietica.
Sotto l'URSS il popolo estone conobbe un notevole sviluppo in un gran numero di ambiti, tanto che il tenore di vita della popolazione finì con l'essere paragonato a quello dei cittadini danesi; anche le scuole e le università estoni conseguirono enormi successi. Ma c'erano anche dei lati negativi: la «mano di Mosca» si faceva sempre più pressante e il popolo subiva il controllo della burocrazia sovietica. Nemmeno dopo il crollo dell'URSS il popolo estone è riuscito a raggiungere la piena autonomia, com'è attestato dall'ingombrante presenza di politici stranieri al governo del Paese. Nonostante le avversità, tuttavia, la piccola Estonia tutt'oggi lotta per salvaguardare la propria identità e cultura.
Il contesto letterario
In un paese che aveva il tedesco come lingua ufficiale e culturale, l'espressione in lingua estone rimase appannaggio dei ceti popolari, ridotti a un regime di semi-schiavitù dai proprietari terrieri balto-tedeschi e poi confluiti nel sistema della servitù della gleba [cholopy] imposto dall'impero russo. Per lunghi secoli, gli Estoni furono impossibilitati ad accedere a qualsiasi forma di istruzione e la lingua estone (allora definita semplicemente maakel, «lingua del paese») rimase limitata all'uso quotidiano del popolo.
Questo naturalmente non significa che, nel corso del tempo, non si sviluppasse una fiorente e ricchissima poesia popolare. Si trattava di una poesia immediata, vivace, animista nel carattere, ma anche capace di rude realismo. Il metro in cui era elaborata, il regivärss, nella sua rigida struttura a ottonari, veniva variato abilissimamente nel ritmo, intrecciando parallelismi con frequenti e pittoresche metafore (Oras 1969). Rispetto ai generi, i canti [rahvalaulud] si distinguevano in tundeluule (di sentimento, lirici) e jutustavaid (narrativi). Al perfetto contrario dei runot finlandesi, la canzone epica era assai rara in Estonia, anche se era in parte sopravvissuta nel Setumaa (la terra dei Setu o Setukesi, a est del lago Peipus). Gli spunti derivavano dalla vita quotidiana, dalle feste e dalle cerimonie, dall'amore e dalla morte, dalla gioia e dal dolore; il concetto centrale era l'ilo (bellezza, gioia, dramma, tutto in una parola), che non di rado dava a questi canti in una nota profondamente malinconica. Temi speciali erano la triste sorte di orfani e vedove, la dura vita del contadino, l'odio verso il signore feudale. (Prampolini 1953)
Ecco un frammento di elegia, col testo della tipica lingua arcaica:

Oh, sa surma, musta-sukka,
taudi, tahmane kasukas!
Viisid isada, emada,
viisid kalliid kalmule.
Hakkasin ema hüüdemaie,
kallikesta kaebamaie:
emakene, hellakene,
miks nii vara ära surid,
enne muida mulda läksid?
Arvasid haua hõbesta,
koopa kullasta olevat?

Oh, tu, Morte, calza-nera,
malanno, pelliccia sporca!
Mi prendesti babbo e mamma,
i miei cari nella tomba.
Presi a chiamar la mamma,
a compianger la diletta:
mammina, cara mia,
perché moristi così presto,
perché sotterra prima degli altri?
D'argento credevi la tomba,
d'oro forse la fossa?

Risuonati attraverso secoli di vita estone, questi canti non furono quasi mai registrati, se non in tempi piuttosto recenti. A fornire un'immagine della ricchezza della letteratura popolare estone, basteranno le cifre relative al lavoro compiuto da un solo folklorista, nella seconda metà dell'Ottocento, il pastore Jakob Hurt (1839-1906): nello spazio di sedici anni, egli raccolse quarantacinquemila canti, diecimila racconti, cinquantaduemila proverbi, quarantamila indovinelli. Il materiale a disposizione nello sterminato Archivio della Letteratura Popolare Estone, di cui solo una minima parte è stata pubblicata, comprende complessivamente 842.000 testi, di cui 264.000 canti e 199.000 fra racconti e leggende. (Prampolini 1953)
Le autorità tedesche cominciarono a interessarsi alla lingua estone soltanto in vista della propaganda religiosa. I primi documenti stampati in estone furono infatti un catechismo cattolico (1517) e uno luterano (1535), i quali aprirono la strada a uno stillicidio di libelli religiosi, scritti per lo più nel goffo estone dei catechisti tedeschi. Il pastore Georg Müller afferma, in uno dei suoi trentanove sermoni (ca. 1600-1606), di essere quasi morto di vergogna perché le «stupide pecore» della sua congregazione erano incapaci di cantare decorosamente le rozze traduzioni degli inni protestanti. Nel 1693, Johann Hornung produsse una chiara e geniale Grammatica estonica. Il Nuovo Testamento apparve nel 1686 nel dialetto meridionale e nel 1715 in quello settentrionale. Ma solo la Bibbia di Anton Thor-Helle (1683-1748), in estone settentrionale, stabilì la supremazia di quest'ultima parlata, destinata a fornire la base della futura lingua nazionale. (Prampolini 1953 | Oras 1969)
La fine del XVII e l'inizio del XVIII secolo videro anche deboli tentativi di sostituire il metro tradizionale regivärss con una prosodia tedesca, usata dapprima in deboli tentativi dai maestri di scuola di Tallinn per il divertimento dei ricchi borghesi, poi in un innario pubblicato nel 1656. Nello stesso metro, Kasü Hans, sagrestano della chiesa di Puhja, vicino a Tartu, compose nel 1708 una semplice ma commovente elegia sulla distruzione di Tartu e la deportazione dei suoi abitanti. Si tratta del primo componimento poetico in lingua estone di un autore il cui nome sia giunto fino a noi.
Ma nonostante la fondazione, nel 1632, dell'Academia Gustaviana (primo nucleo della futura università di Tartu), l'opposizione dei balto-tedeschi rese quasi impossibile agli Estoni di ricevere una qualche istruzione. Solo pochi pastori e intellettuali, nonché i religiosi appartenenti al movimento dei Fratelli Moravi, che credevano sinceramente nell'uguaglianza degli uomini davanti a Dio, diffusero qualche rudimento d'istruzione e produssero opere a carattere didattico e religioso, stimolando così l'attività letteraria, copiosa ma di scarsa levatura artistica, di alcuni estoni come Michael Ignatius (1713-1777) e Mango Hans (n. 1720). Sermoni e preghiere, almanacchi con consigli pratici, e rozze novelle moraleggianti che dovevano insegnare ai popolani ad obbedire alle autorità, rappresentavano tutto il nutrimento spirituale di cui potevano disporre gli estoni che conoscessero soltanto la lingua materna. Si calcola che, alla fine del Settecento, solo metà degli estofoni avesse qualche rudimento del leggere e scrivere.
Tra i primi germanofoni affascinati dalla cultura estone, è da annoverare August Wilhelm Hupel (1739-1819). Attento osservatore delle condizioni sociali delle province rurali, egli raccolse proverbi, fiabe e indovinelli; scrisse un manualetto medico in estone (1771) e una grammatica estone in tedesco (1780), con un dizionario di diciassettemila parole. Fu proprio Hupel a fornire al filosofo Johann Gottfried Herder (1744-1803) – il quale era pastore e insegnante a Rīga – i canti popolari estoni poi inclusi nel primo volume degli Stimmen der Völker in ihren Liedern («Voci dei popoli nei loro canti», 1778), rendendoli per la prima volta accessibili al mondo della cultura.
L'Università Imperiale di Tartu tornò ad aprire i battenti nel 1802 e, per la prima volta nella storia, piccoli gruppi di giovani estoni poterono accedere a una forma di istruzione superiore. Si formò un movimento di «estofili» [Philestonen o Estonophiles] fra quanti credevano alla possibilità di una cultura indigena. Il tedesco Johann Heinrich Rosenplänter (1782-1846) pubblicò a Rīga un importante periodico in lingua tedesca, il Beiträge zur genauern Kenntniß der ehstnischen Sprache (20 volumi, 1813-1832), nel quale raccoglieva interessantissimi studi sulla lingua, la cultura e le tradizioni popolari dell'Estonia e della Livonia.
Nello stesso periodo, il pastore Otto Wilhelm Masing (1763-1832), avvocato dei diritti dei contadini, pubblicò un periodico in lingua estone, il Marahva Näddalaleht (il «settimanale del campagnolo», 1821-1823), nel quale riuscì a dimostrare con successo la possibilità di una lingua letteraria. Si deve tra l'altro a Masing la prima codifica di un alfabeto estone, nel libro ABD (1795). Si ritiene tra l'altro che a Masing vada attribuita l'introduzione della lettera õ, a indicare la particolarissima vocale [ɤ] della lingua estone.
Ma il primo vero autore della nascente letteratura fu Kristjan Jaak Peterson (1801-1822), il figlio di un povero campanaro che andò a studiare lingue classiche a Tartu e morì di tubercolosi, a ventun anni, prima ancora di finire gli studi. La sua traduzione in tedesco del Mythologia Fennica di Christfrid Ganander fu pubblicata nel numero 14 dei Beiträge del Rosenplänter, nel 1822 (stesso anno della sua morte). Peterson intendeva mostrare ai suoi connazionali le strette affinità che intercorrevano tra tradizioni estoni e finlandesi, e non esitò ad evocare un pittoresco ma posticcio pantheon nazionale, modellato su quello finlandese (ad esempio, ipotizzò un cantore Vanemuine, posticcia versione estone del Väinämöinen finlandese, etc.), fornendo ai successivi mitografi del proprio Paese molti spunti su cui riflettere.
Peterson fu il primo intellettuale a riconoscere ufficialmente sé stesso come estone ed esibiva con fierezza la tradizionale giacca scura del suo popolo. Fervido poeta, Peterson non solo non disdegnò di scrivere le sue infiammate liriche in estone, ma difese strenuamente la lingua nazionale, tanto che il suo genetliaco, il 14 marzo, è oggi festeggiato in Estonia come «Giorno della lingua madre» [Emakeelepäev]. La maggior parte delle sue composizioni, raccolte in due quaderni, non furono rese note se non quasi un secolo dopo la sua morte, ma nei suoi più famosi versi risuona già il futuro risveglio nazionale [Ärkamisaeg] dell'Estonia:

Kas siis selle maa keel
aulutuules ei või
taevani tõustes üles
igavikku omale otsida

Non può la lingua di questa terra
nel vento del canto
salire al cielo
cercando l'eternità?

(Kristjan Jaak Peterson)

La strada era aperta. Nel 1838, presso l'università di Tartu, alcuni intellettuali fondarono la Società Erudita Estone [Gelehrte Estnische Gesellschaft | Õpetatud Eesti Selts], al fine promuovere lo studio della cultura nazionale, con particolare interesse alla lingua, le tradizioni e il folklore locali. Tra i fondatori della società, vi era Friedrich Robert Fählmann (1798-1850).

2 commenti:

  1. Accidenti, ho appena terminato di leggere la parte relativa al "contesto storico", hai fatto un lavoro immane! I paragrafi sono ben proporzionati, si dispiegano in modo fluido e si lasciano leggere volentieri; te lo dice uno che, come ormai sai bene, non è appassionato di storia, ma qui leggere di tali argomenti è un vero piacere!

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  2. Il contesto letterario è ancora più interessante di quello storico.

    Segnalo, oltre ai nomi citati, anche quello di Reiner Brocmann (1609 - 1647), considerato l'autore delle prime vere poesie in lingua estone. Per approfondimenti rimando agli interessantissimi lavori di Marju Lepajõ, storica delle religioni, filologa, docente e ricercatrice presso l'università di Tartu (si veda http://keeljakirjandus.eki.ee/Marju%20L.pdf).

    Segnalo inoltre (se non altro per avergli fatto nel corso degli anni qualche dozzina di fotografie) il bellissimo monumento a Kristjan Jaak Peterson in quel di Tartu; l'opera è stata realizzata da Sloans e Murdmaa, e completata nel 1983.

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